Nicola Giuliato
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15/1/2013 0 Comentarios

Appunti per Nicola Giuliato

Appunti, Nicola Giuliato, Alessndro De Bei, Partenze
Appunti per Nicola Giuliato di Alessandro De Bei
Presentazione del libro "Partenze", Sigismundus editore, che raccoglie i due testi "Appunti (residui) dal manoscritto distrutto" e "Poesie della partenza" (Chiara Pizzinato Atelier, 2013)

Due raccolte riunite in un libro, una parte di un manoscritto risparmiato alla distruzione e le poesie della partenza. L’emozione è forte perché è forte il ritorno di Nicola, protagonista di decenni della vita culturale trevigiana, indomito indomabile maestro dell’Utopia. 
Ritorna nella sua patria con la poesia, l’inizio, lo scavo antropologico nei meandri di una provincia che nasconde maschere, doppi fondi, angosce famigliari. 

Il verso è vissuto da Nicola, con la freschezza di un fotoreporter con la Nikon in mano, a folgorare e a lasciarsi folgorare da frammenti di storia di umanità tanto lacerata e dolente da divenire dolcissima e tenera.

Unendo, cucendo, intagliando i frammenti devozionali di perduti rituali rurali, con la ritualità magica del Messico, le devozioni sincretiche alla Santa Morte, immergendoci ficcandoci nel cuore nel magma, dove brucia, dove puzza purulenta e profuma, la materia della memoria, i brandelli del ricordo. Per ricordarci, per riunirci per fare pace con il nostro Ancestrale Passato, dalle litanie alle storie dei nostri nonni davanti al cotechino fumante, fino a giungere a ritroso, alle battaglie fatte dai Benandanti.

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Leggi la prefazione del mio nuovo libro "Nella pancia del mostro" (maggio 2020) a cura di Monica Zornetta!
Leggi ora!
I Benandanti dal libro del grande storico Ginzburg erano figure che combattevano in sogno contro legioni di demoni, armati di mazze di finocchio nel cinquecento del vicino Friuli; così vicini ai voli in sogno ai passi degli sciamani del deserto di Sonora come ce li ha descritti C. Castaneda.

Per fare pace con le ombre, con le nostre parti psichiche dilaniate, cresciute nel gelo dell’anaffettività, parti psichiche incarnate, anche dalle potenze animali, come in Francis Bacon in cui "l’ombra dell’uomo assume un’esistenza animale autonoma e indeterminata. L’ombra fugge dal corpo come fosse un animale a cui abbiamo offerto riparo", come ci ricorda Deleuze.


Una liturgia del Mito e della Memoria, una poesia contaminata e contaminante, antropologica trasversale e transnazionale, come sono tutti i Miti, nati da un' unica emanazione da un'unica litania Originaria.
Da una ninnananna cosmica cantata dagli dei. Sono poesie vissute visceralmente, carnalmente, fino al parossismo, fino all'Elegia più struggente e Crudele.

  • Il sole, il demone meridiano, segna allora come nei quadri di De Chirico l’Enigma dell’ora, un vuoto una sospensione, in cui si agitano, in un interregno tra un solar, e un prato diroccato trevigiano, le ombre gli spettri liminali evocati dalle poesie di Nicola, Spettri Ricettacoli o forse talismani oggetti di un immenso affetto.  

    La Niña che cerca pietà, per la sua inclemente sepoltura, che urla muta il suo sonno di pietra nella terra nera. Il professore Colussi dalmata, con lo sguardo triste offeso, ancora Pietà, dignità offesa. Il vecchio che rimane solo dentro un prato rinsecchito, il prato della sua infanzia, la palla, i giochi arrugginiti nell’erba rimasto solo come in ricreazione, ancora pietà immensa colossale, un monumento liturgico, una liturgia della pietà, dove tutti questi corpi strappati e dilaniati dai furori del tempo e della storia, dove questi Corpi Incompiuti per mancanza o forse eclissi d’amore , corpi che urlano dalla tomba o da un patio che urlano ancora, che trovano pace solo, nel sole meridiano più alto, nell’ombra meridiana di un De Chirico, esuli ancora, noi con loro, esuli espropriati da una storia inclemente, ignobile.

    Ricordiamo i versi di Vittorio Sereni: 
    per cui pietà per le turbate piante, 
    evocate per poco nella spirale del vento 
    che presto da me arretreranno via via 
    salutando salutando ...

    L’unica fuga possibile allora dal gelo dei sentimenti dalle carezze mancate, dagli abbracci non dati è il gesto atletico, gesto artistico che racchiude nella sua perfezione l’oblio e la bellezza il volersi consumare e IMMOLARE all’altare della bellezza, che nessun altra redenzione è possibile se non quella del gesto artistico­atletico nel perdersi nel proprio corpo, nel portarsi come offerta OLOCAUSTO come incensiere all’altare degli Dei. 

    L’atletismo , il gesto atletico che tutto consuma nella scia di una linea perfetta che lo immortala, sotto i pali per una folgorante Meta, è il gesto Atletico dell’Eroe, o del Santo Dandy del martire del dandismo. Nicianamente non potrà essere che una vittima soverchiata delle forze REATTIVE, ma invincibile, in un EROE dilaniato dalle pecore, morto innamorato dell’Amore.

    La Storia torna, ricordiamo come in Vittorio Sereni il vuoto l’emorragia dei giorni, l’essere stati messi ai margini da una storia , lui nella Seconda guerra Mondiale estromesso dalla Resistenza, qui dall’Evolvere neo­ capitalistico che diviene un’oscura scalata all’inverso, una caduta nei gorghi del Maelstrom.
Appunti, Nicola Giuliato, Alessndro De Bei, Partenze
  • Allo scacco della storia ufficiale, all’insabbiarsi di polvere e di anni farà da contraltare il dialogo quanto mai fervido con il mondo liminale dell’aldilà il dialogo coi morti che ritorna anche in Nicola nella bellissima poesia della Niña. 

    Rifletto col grande filosofo Gilles Deleuze che così scriveva a proposito del sublime compianto Carmelo Bene parole quanto mai attinenti alla poetica di Nicola: "si comincia col sottrarre, col detrarre tutto quanto costituisce elemento di potere, nella lingua e nei gesti nella rappresentazione e nel rappresentato. E non si può dire sia un’operazione negativa, in quando dà inizio e mette in moto tanti processi positivi. Si detrae dunque o si amputa la storia, perché la Storia è il marchio temporale del potere.".

    Nicola torna a dirci che c’è un mondo oltre l’Hortus Conclusus, oltre la piccole patrie, che il viaggio , che il percorso iniziatico è sempre aperto e percorribile, che bisogna uscire dalle intossicazioni psichiche del familismo del paternalismo del complesso di Edipo masterizzato. Del grande teatro edipico, teatro alimentato, rinfocolato da forze oscure.

    Il potere, l’esercizio del potere è sempre triste, è triste perché separa l’uomo dal realizzare la sua Potenza di vita lo separa dalla gioia. Il potere quindi è nemico della Potenza. Ancora Gilles Deleuze l'immemorabile: "Il Desiderio è l’insieme di sintesi passive che macchinano gli oggetti parziali, i flussi e i corpi che funzionano come Unità di Produzione. Il reale che ne deriva, è il risultato delle sintesi passive del desiderio come autoproduzione dell'inconscio.".

    "I rivoluzionari, gli artisti, i veggenti, si accontentano di essere oggettivi, nient'altro che oggettivi: sanno che il desiderio stringe la vita con una potenza produttrice, e che la riproduce in modo tanto più intenso quanto meno bisogni ha.".

    Nicola torna e mi scopro così solo e solitario abitatore delle stanze dell’Apocalisse, dolce cara speranzosa Apocalisse! Eppure quanta luce accecante nelle poesie di Nicola che uno sguardo trema a raccoglierne, quanta passione quanta vita che inonda anche noi fragili crisalidi elegiache votate ormai a un romitaggio a vita. Quasi come una cartina al tornasole Nicola torna e rivela i nostri veri lineamenti, i tratti somatici offuscati occlusi dietro le liturgie sociali, i make­up le maschere botuliniche e siliconiche calchi impropri delle maschere MORTUARIE degli antichi Re volti superficiali, maschere che lui strappa con magari annesso qualche brandello di viso.

    Quell’intimità, quella confidenza, quella spudoratezza che può darti solo un libro di poesia. Per incontrare gli altri ti devi preparare, per incontrare il mistero, la poesia il divino no, sei accettato, nella miseria nella bellezza di come sei, fossile svogliato, solitario, alluvionato.
Appunti, Nicola Giuliato, Alessndro De Bei, Partenze
  • Il confine d’identificazione tra animali e uomini, nelle poesie di Nicola è Labile. Nelle grande festa, nel Gran Teatro del mondo vorticano uomini animali, presi sospinti dal medesimo desiderio dai medesimi ciechi impulsi di sopravvivenza. 

    Vincitori e vinti, prede e cacciatori, nella "gran festa magnara" di piazza Vittorio, qui penso allo straordinario Gadda di Quel Pasticciciaccio brutto di via Merulana, nella piazza metafora del mondo stanno assiepate come un’immensa natura morta del seicento cacciagione, pesce trippe, ma quel carnaio animale è visitato dalla massa carnale umana, anch’essa CADUTA in Trappola, nella trappola del tempo , nel quale lo spettacolo effimero del Bernini, esaltato dall’erotismo funerario, dove l’atto steso di mangiare, di assaporare le parole e la carne delle parole incendia il romanzo come incendia le poesie di Nicola, dove tutto viene desiderato e subito Consumato­ Digerito, trippe, corpi, anime.

    Deleuze su Bacon: "Come ritrattista Bacon insegue dunque un progetto molto speciale: disfare il volto, ritrovare o far emergere la testa sotto il volto. Il volto ha perduto la sua Forma subendo operazioni di pulitura e spazzolatura ... " l’animale emerge e si innesta nel volto cancellato perduto dell’umano come un’atavica nostalgia. La Poesia, la Pittura la carne.

    Trovo parecchie analogie, tra le poesie di Nicola, e la pittura di Francis Bacon, questo cantare, dipingere una carne pulsante conturbante oltraggiata e mistica. In un saggio, che è monumento della critica d’arte e manifesto stesso di resistenza, “La Logica della sensazione” del filosofo G. Deleuze: “Pietà per la carne macellata! La carne macellata è senza dubbio l’oggetto preminente della pietà di Bacon. La carne macellata non è carne morta, essa ha conservato tutte le sofferenze e ha preso su di sé tutti i colori della carne viva, la carne macellata è la zona comune dell’uomo e della bestia la loro zona d’indiscernibilità, l’oggetto del proprio orrore e della propria compassione. Il pittore è un macellaio, certo ma egli sta nella sua macelleria come in chiesa... Soltanto nelle macellerie Bacon è un pittore religioso.“.

    Nicola torna per rompere il vetro, per sottrarci ai fumi intossicanti, ai miasmi paranoici all’implosione psichica, donandoci ancora, donandoci il suo dispositivo Proteggi­ Utopie, la sua macchina Salva Utopie.

  • Per farci volare alto come gli uccelli del cielo, cioè come i Santi contemplativi di ogni credo e religione puri folli innamorati del mistero, come gli umili e gli ultimi i prediletti, come chi non ha più paura. Farci volare in alto, oltre le contingenze, le cronache, sulle ali dell’Inattuale e dell’Antistoricismo donandoci uno sguardo da un Altrove da una frontiera pronta ad accogliere anche le nostre emergenze, i nostri progetti. Vorrei ricordare una poesia di Attilio Bertolucci grande poeta e nevrotico sublime:

    A quelli che vorrebbero tenermi qui­
    morti che mi amano ancora 
    perché non gli resta altro da fare 
    che amarmi sin che anch’io 
    non sia tornato con loro 
    dietro il muro sbiadito e il marmo 
    che salda la calcina mischiata 
    con sabbia del Baganza e acqua 
    del condotto farnesiano­ -
    vivi che non mi hanno mai amato
    e dicono di preferire 
    quella mia poesia 
    di una grazia 
    proverbiale, dico: lasciatemi andare, 
    giugno è ventoso e queste foglie amare 
    sono imbrattate di lucciole sfinite, 
    lasciatemi andar via.

  • Eppure nel grande progetto di Nicola, nel grande piano sequenza poetico, che comprende lo sviluppo temporale, c’è un voler unire gli affetti di due Continenti. Un censimento emotivo e sviluppo temporale che richiama la struttura dei Cantos di Ezra Pound. 

    Attenderemo allora il suo ritorno e il suo prossimo libro così da cogliere tra la carezza delle pagine i nostri volti e la forza del suo sorriso.

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